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IL DIAVOLO
Il giorno 6 dicembre 2003 alla presenza del Presidente della Regione Campania on. Antonio Bassolino e del Sindaco on. Rosa Russo Iervolino è stata inaugurata a Napoli, nella ex Chiesa di San Severo al Pendino in Via del Duomo, la mostra dei Fratelli Salvatore, Raffaele ed Emanuele Scuotto e del loro Laboratorio d'Arte "La Scarabattola" intitolata: "Mostro.il Diavolo": l'inquietante presenza del Maligno nell'Universo Artistico dei Fratelli Scuotto. L'iniziativa, realizzata con i patrocinii e i contributi della Regione Campania, degli Assessorati all'Artigianato e alla Cultura del Comune di Napoli, della Camera di Commercio di Napoli, dell'E.R.S.V.A., della Confartigianato f.p.a. Napoli in collaborazione con il Consorzio Artigianapoli, è curata da Gerardo Pedicini con un allestimento scenografico del gruppo "Cantieri Aperti" e vanta tra i testimonial le prestigiose firme dello stilista Roccobarocco e del gioielliere Migliarotti. All'evento è abbinata la realizzazione di un interessante catalogo, curato dal designer Massimo De Chiara con fotografie realizzate da Marco Barbaro e con un "workinprogress" fotografico di Sergio Siano, che oltre i contributi critici e di presentazione, è impreziosito da un racconto fantastico e dalle schede di Chiara Graziani, giornalista de "Il Mattino" di Napoli. I fratelli Salvatore, Raffaele ed Emanuele Scuotto, con la collaborazione della loro sorella Anna, sono un gruppo di giovani artisti della tradizione che sono riusciti, in pochi anni, a sconvolgere la scena napoletana conquistata e saldamente tenuta dai più famosi, e più anziani, "maestri pastorari". E questo grazie ad una attenta rilettura del complesso fenomeno "presepe" ed una colta riproposizione delle tematiche e degli elementi espressivi a tale ambito collegati. Più volte, essi che non sono figli d'arte benché dotati di un passato di studi artistici, si sono confrontati con una concorrenza di altissimo livello e, più volte, il loro approccio innovativo e coraggioso è risultato vincente. Come del resto in questa occasione in cui hanno deciso di affrontare una questione che in passato, da parte di autori di non poco valore, si era tentato di risolvere ma con scarso successo: l'inserimento, cioè, di figure "diaboliche" nell'impianto presepiale. In "Mostro.il Diavolo" gli Scuotto espongono, infatti, un centinaio di piccole sculture realizzate con le tecniche del "pastore" vestito napoletano del '700: diavoli immaginati in fogge talvolta curiose o inaspettate, talaltra mostruose o ributtanti, talaltra ancora melliflue o ingannatrici, chiassose, rissose o burlone. Ma sempre rigorosamente e filologicamente collegate alla grande tradizione culturale della città. Questa volta è il Maligno, umanizzato e sconfitto, che riporta dentro la costruzione scenica dell'immaginario popolare quei "caratteri", vera forza espressiva del "maestro" che li realizza con realismo crudo e talvolta esasperato, atti a simboleggiare tutte le istanze, le illusioni, le vaghezze, la disperazione e le ostentazioni di un popolo da sempre sofferente. Non si tratta, dunque, nel caso di questi giovani artisti, di un acritico rifacimento dei modelli del passato, come purtroppo una certa produzione di settore ancora ci sottopone, ma della colta applicazione di un approccio metodologico tradizionale alla realtà contemporanea. I volti, i "caratteri", i "tipi" delle loro figure, e in questa occasione dei loro diavoli, sono quelli della folla chiassosa e caratteristica dei vicoli della città. Ci troviamo anche, e finalmente, davanti ad un fenomeno di sperimentazione e rinnovamento effettivo e leggibile che, nel rispetto di trascorsi di alto livello culturale, ripropone un modus operandi che può, ancora una volta, risultare vincente. Ma la mostra riserva ancora una piacevole sorpresa: i cento e più diavoli sono in realtà la cornice della vera opera d'arte: una scarpa-scultura in bronzo al cui alto tacco è aggrappato il diavolo, quello forse più vero, costretto a subire l'umiliazione e la sconfitta perché schiacciato dal tallone della donna che, quella scarpa, calzerà. Calzerà, certo. Perché la scultura genera una scarpa vera, anch'essa esposta, che pur conservando le caratteristiche della scultura , è prodotta in serie limitata, quasi a voler ribadire simbolicamente la necessità di diffondere la lotta per la sconfitta del male. Tuttavia questa migrazione dell'opera da oggetto-scultura a oggetto-prodotto, oltre che provocazione intellettuale, è soprattutto un suggerimento ed un invito, rivolto alla realtà artigianale napoletana, a recuperare e sviluppare il perduto rapporto ideazione-produzione e ad ampliare la visione del mercato, proseguendo nel difficile impegno di superamento dei limiti del folclore e ricercando nuovi modi per proporre e comunicare all'esterno l'immagine vera della città. In rete "Il diavolo" di Anna Scuotto.

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